Associazione Sviluppo
Commercio, Turismo e Servizi
della Provincia di Cremona

17/10/2013 | news

Crema. Ipotesi di pompa bianca all’Ipercoop.

Crema. In seguito alla richiesta di Coop Lombardia di avviare una stazione di carburante a marchio Enercoop reagisce la rete dei piccoli distributori. 
 
A tal proposito abbiamo intervistato Renato Arnoldi, rappresentante della categoria Gestori Impianti di Carburante di Sistema Commercio e Impresa – Asvicom Cremona, titolare dell’Agip di via Milano.
 
La Coop Lombardia ha avanzato la richiesta di aprire in città una pompa bianca. Cosa ne pensa?  Quali conseguenze per la sua categoria?
La proposta di aprire una pompa bianca in città preoccupa seriamente me e tutta la categoria che rappresento.
Innanzitutto dall’analisi dei fabbisogni sul territorio emerge che non vi è la necessità di un ulteriore distributore: sono 20 i distributori presenti in città.
Inoltre si deve considerare che esiste già una “pompa bianca” in prossimità del centro commerciale La Girandola, a meno di 4 km dal centro di Crema, che vende carburante a 15 centesimi in meno rispetto ai gestori che, come me, si affidano ad una compagnia. E’ già difficile competere con questo distributore.
Se si dovesse aprire un ulteriore pompa bianca, in termini pratici significherebbe almeno il 70% in meno del fatturato per i classici gestori di distributori di carburante.
Nel giro di pochi mesi i gestori sarebbero costretti a licenziare i dipendenti. Probabilmente dopo 1 anno potrebbero chiudere.
Su 10 distributori sono convinto che ne chiuderebbero almeno 8.
Un esperienza simile è stata vissuta da alcuni colleghi in Brianza. Una Coop ha aperto il suo distributore e nel giro di qualche mese ha fatto terra bruciata attorno a sè.
Le conseguenze non riguardano solo la mia categoria. La pompa bianca all’Ipercoop avrebbe un effetto a cascata su tutto il tessuto commerciale cittadino in quanto costituirebbe  il classico “specchietto per le allodole”.  La pompa bianca sarebbe una leva di marketing per attrarre ulteriori clienti verso la grande distribuzione, a detrimento dell’intero tessuto commerciale urbano che non riuscirebbe a competere ad armi pari.
 
 
I cittadini si lamentano dei costi della benzina. Vendere benzina è oggi un’attività redditizia?
No, non lo è più.  La concorrenza è spietata e ogni compagnia detta il suo prezzo. Noi gestori abbiamo un margine lordo di 3, 5 centesimi al litro.
Al contrario di ciò che si è soliti pensare, il nostro guadagno è simile a quello di un operaio.
 
 
Ci racconti la sua storia. Da quanto e com’è cambiato il mercato?
Sono gestore di questo distributore dal 1982, prima di me l’attività era di mio padre. Quindi è 31 anni che faccio questo lavoro. L’attività appartiene alla mia famiglia da 50.
Quando ho cominciato le cose erano diverse e il lavoro dava molte soddisfazioni, anche di carattere economico. Non solo: a livello professionale c’era la possibilità di fidelizzare la clientela a cui offrire servizi, competenza, cortesia e un marchio.
La crisi ha spinto il cliente a guardare solo “il centesimo”: il cittadino si interessa unicamente al prezzo.
Per noi gestori un centesimo in più al litro, rispetto al distributore vicino, sposta l’incasso di circa 2000 euro.
 
 
Con l’apertura di una pompa bianca voi dovreste adeguarvi a i nuovi prezzi… è possibile….? La Giunta e il Consiglio saranno chiamati a pronunciarsi per dare autorizzazione alla costruzione della pompa bianca. Che cosa si sente di dire al Sindaco ed ai politici locali?
Adeguarsi ai prezzi dell’eventuale pompa bianca sarebbe molto difficile.
Lo si potrebbe fare solo se la compagnia lo ritenesse conveniente.
I gestori, autonomamente, con il margine lordo di guadagno così basso, non potremmo assolutamente permettercelo.
Cominceremmo una guerra che comunque finiremmo per perdere. Non è nemmeno concorrenza. Arriveremmo a breve a licenziare i dipendenti (chi li ha e se li può permettere) e subito dopo a chiudere l’attività.  
Mi sento di rivolgere un appello al sindaco, alla giunta e a tutto il consiglio: mi sento di chiedere di riflettere bene in merito alla richiesta avanzata dalla Coop, di pensare con un occhio di riguardo rivolto anche agli imprenditori come me.
Oggi parlo per tutti loro.
In un momento delicato come questo, in cui spesso sento parlare proprio i politici di interventi a favore dell’occupabilità dei giovani e del mercato del lavoro, trovo assurda l’ipotesi di aprire una pompa bianca in città.
La sua apertura potrebbe comportare la perdita di 20 posti di lavoro (se calcoliamo una media di 1 dipendente a distributore).
Di contro si creerebbe, al massimo, 1 solo posto di lavoro. Il nuovo distributore, infatti, sarà con ogni probabilità self service con una cassa: basterebbe dunque un unico dipendente che, se fosse fatto turnare dalle risorse umane di cui già dispone il supermercato, non sarebbe nemmeno necessario.
A tutto ciò dobbiamo aggiungere le pesanti ricadute che l’apertura comporterebbe alle famiglie dei gestori.
Troppe, a nostro modo di vedere, le conseguenze negative.
 
 
Conviene con me, però che, di questi tempi, visto il caro benzina, carburante a minor prezzo sarebbe un vantaggio per la collettività.
Vero. Ma le compagnie e di conseguenza i distributori, mettendosi in competizione tra loro, già propongono sconti e tariffe agevolate:  alla pompa self il carburante costa meno, la sera si trova benzina a prezzo più basso.
 
 
In città esistono 20 pompe di benzina: sono troppe o il numero è adeguato alla domanda?
Siamo troppi e già facciamo fatica a sopravvivere con questi numeri.
 
 
Perché la richiesta di queste aperture viene dalla Gdo e non da un privato? Un privato non potrebbe aprire una pompa bianca?
Perché la grande distribuzione può permettersi di comprare a prezzi bassi, acquistando grandi quantitativi, e può rivendere a prezzi competitivi. Proprio come funziona per i beni di prima necessità.
Un privato non potrebbe proprio permettersi di abbassare così i prezzi senza rimetterci seriamente: in pratica dovremmo pagare per tenere aperto. 
Ci auguriamo che questa ipotesi resti tale. Le conseguenze sarebbero gravissime per un numero troppo alto di persone coinvolte.
Si parla ogni giorno di tutelare le imprese, le micro imprese di cui l’Italia è costellate ma sembra proprio che la politica non voglia rendersene conto.